CONSIDERAZIONI SUL MACCHINARIO MINIHYDRO

 

Il fabbisogno d'energia
Il fabbisogno d'energia di ogni comunità umana cresce nel tempo, come noto, in maniera esponenziale (circa 7% annuo: Ailleret, Kopeliovich ecc.), con esponente più alto di quello della crescita demografica, che segue la stessa legge. Ciò è dovuto alla natura edonistica dell'uomo, la quale comporta un aumento delle esigenze che segue negli anni un andamento geometrico e non aritmetico.
Per chiarire il concetto, il guadagno di cento Euro può risultare provvidenziale per un povero, ma insignificante per un ricco e ciascuno apprezza i benefici economici che gli provengono in misura percentuale dei patrimonio che già possiede. La moneta - che è il simbolo concreto dell'edonismo - è coniata infatti in progressione geometrica e non aritmetica. Vi sono così lo 0,1 Euro, l'1 Euro, i 10, i 100 Euro e intorno a ciascun valore v'è la ragione geometrica della metà e dei doppio (Fa eccezione, per quel che risulta, soltanto la moneta della Csi, ex Unione Sovietica, dove esistono 1 rublo, 2 rubli e 3 rubli). Per quanto riguarda l'energia la legge esponenziale ormai accertata dei fabbisogno si presenta davvero atroce. Posto che la percentuale d'aumento dei fabbisogno sia intorno al 7% (come registrato in passato) essa condanna i giovani a fare in un decennio quel che l'umanità ha fatto - in termini di produzione di energia utile - dall'origine del mondo ai giorni nostri.
Si tratta in verità di una condanna assai gravosa, la cui giustificazione fu data dallo stesso Ailleret in termini socio-psicologici. È questo un "supplizio di Sisifo" cui l'umanità spontaneamente si sottopone (Secondo la mitologia greco Sisifo, figlio di Eolo e di Enarete, fondatore e re di Corinto, era tanto scaltro d'essere riuscito ad incatenare la Morte cui era stato condannato; Giove, preoccupato dal fatto che nel mondo non v'erano più decessi, mandò Ares a liberare la Morte e quando Sisifo giunse agli inferi lo condannò a spingere su per un montagna un grosso masso, che dalla cima poi precipitava a valle costringendo il malcapitato a questo tormento in eterno). In conformità con questo andamento della richiesta d'energia siamo adesso arrivati al punto che non sappiamo più dove reperirne le fonti. Peraltro la maggior parte dell'energia oggi prodotta deriva da combustibili fossili che in qualche miliardo di anni (la Terra nacque circa 4,5 miliardi di anni or sono) si sono accumulati nel sottosuolo. Li stiamo consumando in misura sempre maggiore dalla metà dell'Ottocento senza riflettere che abbiamo così già fortemente impoverito il pianeta di una risorsa pregevole che non è nostra. L'abbiamo ereditata dai nostri padri per trasmetterla (purtroppo fortemente depauperata per nostro egoismo edonistico) ai nostri figli.
Peraltro l'energia utile prodotta di combustibili fossili è inquinata e deteriora l'ambiente nel quale siamo destinati a vivere e tale deterioramento cresce a misura che le attuali combustioni inquinanti si moltiplicano; sicché siamo giunti anche su questo profilo ad una situazione insostenibile.

Che fare?
Che fare? Sono state individuate, come ben noto, le seguenti direttive strategiche:
ridurre gli sprechi, purtroppo ancora enormi nei Paesi ricchi;
elevare il rendimento globale dei sistemi convertitori, che a partire dalle energie naturali forniscono energia utile per le applicazioni;
ricorrere a sorgenti d'energia (preferibilmente rinnovabili, per non intaccare il patrimonio energetico dei pianeta) prima prese in scarsa considerazione.
Delle tre direttiva la prima è stata praticata, ma non con il necessario entusiasmo perché incide sul sistema di vita delle persone e delle Imprese. La seconda ha avuto molto seguito soprattutto per la produzione centralizzata di energia elettrica e la terza si trova all'attenzione di tutti, ancorché a mio parere non ancora onorata come meriterebbe.
Si sono soprattutto e soddisfacentemente sviluppate le tecniche per estrarre energia dal vento (motori eolici) e dall'irraggiamento solare (convertitori fotovoltaici), oltre che per l'utilizzazione energetica delle biomasse; per il resto, invece, gli avanzamenti tecnici e tecnologici appaiono piuttosto scarsi. La fonte idraulica d'energia - alla quale l'umanità ha attinto fin dall'evo antico - è molto impiegata in Italia. Mezzo secolo fa l'energia consumata nel Paese proveniva per l'80% da fonte idraulica e per il 20% da fonte termica (le centrali termoelettriche erano piccole, con potenze di poco superiore ai 10 MW; con il "piano Erp” dei dopoguerra, furono costruite centrali da 30a 60 MW, Piacenza, Porto Venere, Maurizio Capuano ecc., poi le potenze unitarie sono in breve tempo aumentate fino a raggiungere e superare il mezzo GW.).
Oggi la situazione si è ribaltata perché, mentre il fabbisogno di energia cresce nel tempo, come già detto, le risorse idrauliche economicamente sfruttabili rimangono le stesse e noi non ne possediamo molte.
Il nostro fiume maggiore è il Po; poco più di un rigagnolo rispetto a quelli molto grandi africani e sudamericani, presso i quali sono installati idrogeneratori che arrivano alla potenza persino di 800 MW! Perciò, tenuto conto dell'assillante richiesta di potenza elettrica occorre utilizzare ogni vena liquida soggetta a una caduta facendo propria la saggia direttiva della Regione sarda: "Non una goccia d'acqua si riversi nel mare senza aver prima prodotto elettricità e fecondato la terra".
Già questo criterio è stato talvolta da noi adottato ad esempio nel Bresciano presso l'asta della Mella ed in Toscana presso l'asta dei Bisenzio, ma si può fare certamente di più come in Brasile, in Argentina, in Cina e altrove. Perché utilizzando a fini energetici tanti piccoli corsi d'acqua si riesce a totalizzare una produzione elettrica considerevole e i piccoli impianti elettrici consentono sia di produrre energia autogestita in forma ecologica sia di stipulare con l'Ente elettrico di Stato contratti di fornitura più favorevoli, abbattendo l'onere per l'impiego di potenza. Desta anzi meraviglia che mentre all'estero il minihydro è guardato con attenzione e tenuto in sempre più alta considerazione, in Italia esso non è valutato quanto meriterebbe e lo dimostra il fatto che nel giro di pochi anni le Imprese industriali che vi si dedicano si sono purtroppo pressoché dimezzate (In Italia la produzione idroelettrica è assai prevalente nel settentrione; secondo statistiche Unapace, Unione Aziende Produttrici e Consumatrici di Energia Elettrica, nel settore idraulico al Nord spetta una frazione dei 34%, al Centro dei 4% e al Sud dei 2%).

Che cosa significa minihydro?
Ma che cosa significa minihydro? Macchinario idraulico (prevalentemente generatore di elettricità) di bassa potenza ed al riguardo, quantunque le definizioni non siano normalizzate, si possono così individuare tre categorie di idrogeneratori:
microhydro, da 0 a 100 kW;
minihydro, da 100 kW ad 1 MW;
smallhydro, da 1 MW a 5 MW.
Molti pensano (e tra questi anche alcuni Costruttori) che realizzare turbine minihydro significhi miniaturizzare le turbine idrauliche tradizionali. Ciò può essere vero - a patto che si impieghino adatti accorgimenti mirati a ridurre i costi - per il settore denominato "smallhydro". Ma se si discute dei "microhydro" (fino a 100 kW) e dei vero e proprio "minihydro" (da 100 a 1000 kW) il discorso è diverso ed occorre far ricorso
a nuovi tipi di turbine idrauliche;
ad una progettazione specifica, orientata alla semplicità costruttiva, all'affidabilità ed alla scarsa esigenza di manutenzione;
a tecnologie costruttive di basso costo.
Diversamente la spesa d'investimento è disincentivante. Perciò apprezzai la battuta di un sagace amico, il quale diceva che le miniturbine devono essere costruite non dagli affermati produttori di turbine idrauliche, ma da quelli che fanno elettrodomestici. 

Qualche cifra a titolo orientativo
È utile esporre al riguardo qualche cifra a titolo orientativo e senza la pretesa di grande precisione. Si chiamino:
CI - il costo per kW elettrico installato,
CM - il costo dei macchinario idraulico per kWe installato,
CE - il costo dell'energia elettrica (kWh) prodotta.
Con rata di ammortamento del 10%, la spesa annua di investimento è dell'ordine di CI/10. Se si produce per 6000 ore annue a piena potenza, 1 kW installato fornisce 6000 kWh. Il costo dei kWh al limite è dunque CE = CI/60.000. Tenuto conto dell'onere della manutenzione si può ridurre il denominatore e scrivere

CE = CI/50.000

Se si vuole che il costo dell'energia sia contenuto, ponendo ad es. CE = 100 Lit./kWh, risulta

CI = 50.000 CE = 50.000*100 = 5 Mlit./kW

Tabella 1
- 10% costo dell'acqua, assicurazione, diritti
- 40% costo opere fisse in muratura
- 10% costo opere di adduzione e scarico
- 30% costo opere elettriche e di regolazione
Sommano a: 90% -
- 10% costo macchinario idraulico (CM)
Totale 100% -

Nell'impianto si può supporre la distribuzione dei costi di Tabella 1 (Chiaramente certi costi, opere in muratura, opere di adduzione e scarico, variano moltissimo da caso a caso; ci si è riferiti alle situazioni più favorevoli; in media, però, esse risultano qui sottovalutate). Il macchinario idraulico deve quindi costare al limite 500.000 Lit./kW. Si tratta di una cifra invero modesta e, oltre tutto, calcolata con un certo ottimismo perché se nel settore microhydro la predetta ripartizione dei costi è in certo senso verosimile, in quello minihydro l'incidenza delle opere fisse in muratura è spesso superiore e questo induce o a ricercare macchine assai economiche, come già detto, o ad aumentare il costo dei kWh oltre il valore dinnanzi indicato e ritenuto "ragionevole".

La miniturbina
La miniturbina intesa come turbina grande miniaturizzata non risponde in genere a questo requisito economico perché, esprimendo il costo CM in serie di potenze (o in termini logaritmici con la formula dei Pry) ed analizzando le varie componenti di costo si conclude che il costo CM cresce fortemente al ridursi della potenza installata. Ciò emerge anche dalla semplice espressione approssimata

CM= a - b Pn

ove P è la potenza della macchina, a una costante a b, un coefficiente opportuno, entrambi dettati dalla specifica esperienza. Infatti, per piccole macchine, il termine detrattivo al secondo membro della formula è assai modesto e poco incisivo rispetto alla costante a.
Le miniturbine idrauliche possono ovviamente essere - come quelle grandi - ad azione e a reazione. Entrambi i tipi vengono impiegati perché la gamma di ni di giri specifici dettata dalle caratteristiche dei miniimpianti è ampia quanto quella dei grandi impianti idroelettrici.
Mentre le minimacchine ad azione hanno possibilità di applicazione più rigida e quindi ogni impianto richiede la sua specifica turbina, quelle ad azione sono sotto questo profilo più versatili. Infatti un unico modello può essere impiegato in impianti di differenti caratteristiche in quanto è possibile modificarne il numero di giri specifico:
parzializzando la macchina;
modificando la geometria dei getto;
adottando, per salti, la velocità di rotazione più adatta e conseguentemente assegnando all'alternatore un adeguato numero di coppie polari. Comunque oggi gli inverters forniscono al riguardo ampia libertà di scelta.
Attualmente si impiegano di regola turbine di tipo tradizionale: Pelton, Francis e ad elica (l'adeguamento dei rendimento alla portata, realizzato dalle turbine Kaplan non è molto sentito, e risulterebbe complicato, nel settore minihydro). Le Pelton hanno girante fuso in unico blocco; le Francis sono quelle convenzionali con qualche semplificazione; le eliche sono ridotte ai termini essenziali. Le Pelton hanno di regola configurazione identica a quella tradizionale; in Italia la Soc. Irem di S. Antonino (TO) costruisce microturbine di tale tipo, da poche decine di W a 25 kW (impianti Ecowatt) con criterio modulare per ovvi motivi economici; esse si trovano disseminate sul territorio nazionale in numerosi microimpianti.
Le Francis raramente vengono appositamente costruite perché, trattandosi di esemplari unici, le giranti risulterebbero troppo costose; si preferisce impiegare giranti di pompe centrifughe reperibili sul mercato, appositamente adattate. Per quanto riguarda le eliche, nella Figura 1a è rappresentata un'elica intubata della Soc. Riva Calzoni e in quella 1b un'analoga macchina (240W/190 kW) installato dalla stessa Società a Fogliano Redipuglia (Gorizia) (nel campo "turbine a reazione" dei settore minihydro è importante anche la minimacchina italiana Tat: turbina assiale tubolare ad elica con calettamento fisso - offerta sempre dalla Riva Calzoni di Milano - alimentata in camera libera; Un esemplare di tale miniturbina, P = 849 kW, H = 8,8 m, Q = 11,2 m3/s si trova installata a Tagliuno in provincia di Bergamo). Vi sono turbo-macchine antiche che per la qualità dei loro disegno ben si prestano, con lievi adattamenti, ad essere impiegate nel settore minihydro. La più notata di queste è la turbina Girard che risale alla seconda metà dei XIX secolo; segue quella Schwamkrug dei primi dei 1900. La turbina Girard è assiale e le palettature statorica e rotorica ricordano quelle delle turbine a vapore (Figura 2).
Nelle costruzioni ad asse verticale v'è un grado di reazione molto basso perché nella palettatura rotorica la corrente liquida viene accelerata dalla differenza di quota corrispondente allo spessore dei rotore, talvolta non trascurabile rispetto al salto che può essere piuttosto basso. La turbina Schwamkrug è invece radiale e centrifuga per motivi costruttivi mentre una versione analoga di miniturbina idraulica, chiamata Zuppinger, è centripeta.
La Figura chiarisce sufficientemente il principio di funzionamento di queste ultime macchine. Le due turbine teste ricordate possono elaborare una vasta gamma di portate e quindi si prestano ad una grande molteplicità di applicazioni; entrambe sono regolate per parzializzazione a monte dei distributore. Possiedono anche il pregio di avere pale a semplice curvatura.

Progetto e realizzazione
Giova infatti ancora qui ribadire il concetto fondamentale che, a parere dello scrivente, deve guidare chi si occupa di miniturbine idrauliche per il progetto e la realizzazione. Esso consiste nell'opportunità di scarificare il rendimento idraulico alla semplicità della costruzione e al basso costo, mentre la mentalità dei costruttore di turbine idrauliche è dei tutto opposta.
Ma è dei tutto evidente che con i costi per kW installato che caratterizzano oggi il macchinario idraulico di alta classe non potrebbe esistere perché, anche se l'energia idraulica disponibile è in genere quasi gratuita, l'incidenza annua dell'investimento non consentirebbe un ritorno economico. A beneficio dell'economicità della costruzione occorre infatti semplificare la struttura meccanica della macchina, realizzare in lamiera saldata - con disegno elementare - le casse tradizionalmente fuse, produrre le pale in lamiera calandrata eliminando ove possibile la doppia curvatura caratteristica delle pale di tutte le turbine "classiche", semplificare la configurazione dei distributori.
Con accorgimenti di questo tipo si possono realizzare macchine anche molto piccole in maniera economica e con rendimento accettabile, specie ricorrendo a schemi di funzionamento adatti a questo settore idraulico.

La prima turbina minihydro
La prima turbina minihydro, espressamente concepita per basse potenze, deve considerarsi tuttavia, quella ad azione che il prof. D. Banky, ungherese, presentò nel 1918 e che riscosse molto favore nel periodo tra le due guerre mondiali. La girante "a gabbia" è schematizzata nella Figura 4a nei vani palari in senso centripeto ed esce dalla palettatura cilindrica, all'interno della gabbia R, per reintrodursi poi nella palettatura stessa in senso centrifugo. Questo secondo passaggio dell'acqua nella schiera palettata ha il fondamentale scopo di estrarre dalla turbina il flusso dell'acqua, ma contribuisce certamente a produrre potenza anche se, per la non corretta ed incerta direzione della vena rispetto agli angoli della palettatura all'interno della gabbia, il rendimento idraulico è scadente. Numerosi sono tuttavia i pregi della turbina Banky e tra questi soprattutto:
una buona concentrazione di potenza dovuta al doppio attraversamento della palettatura da parte della vena liquida;
la possibilità di allungare considerevolmente la lunghezza assiale della gabbia e di elaborare così portate cospicue elevando il numero di giri specifico della macchina;
il basso costo della turbina in virtù della configurazione assai semplice del rotatore e del fatto che le pale, a semplice curvature, possono essere stampate in lamiera.
Oggi la macchina di Banky ha scarse applicazioni nella versione originale, ma molte in differenti configurazioni da essa derivate. La più nota è la versione Mitchell (ve ne sono altre analoghe) rappresentata nella figura 4b, che migliora i pregi testé citati eliminando il boccaglio ed interessando al doppio passaggio della corrente liquida quasi tutta la palettatura, con il vantaggio di aumentare fortemente la portata elevando così in misura ragguardevole il numero di giri specifico e la potenza. Il rendimento idraulico è però decisamente modesto.
In altre versioni, invece, si è cercato di salvaguardare il rendimento, pur conservando i principali pregi delle macchine con rotore a gabbia e doppio attraversamento. Citiamo tra queste la turbina con deviatore interno (Tdi) da noi (intendo dire dallo scrivente, che da oltre 30 anni si occupa di questi argomenti, e dai suoi collaboratori, con l'assistenza della Soc. Parmenide di Roma, anch'essa interessata al "minihydro") realizzata nella Facoltà di Ingegneria dell'Università "La Sapienza" di Roma con una ricerca sostenuta dal Cnr. In essa (Figura 4c) la vena uscente dalla palettatura dopo il primo passaggio incide su un deviatore interno alla gabbia e ad essa solidale con opportuna fasatura; questo indirizza correttamente la lama liquida sul bordo interno della palettatura consentendo che il secondo passaggio avvenga con basse perdite idrauliche.
Il prototipo molto economicamente realizzato ha mostrato comportamento soddisfacente, ma un rendimento globale non superiore a 0,8 a causa soprattutto degli attriti della vena fluida sulle pareti delle pale e dei deviatore interno.

La parte elettrica dei gruppo minihydro
Per quanto riguarda la parte elettrica dei gruppo minihydro si presentano due possibili soluzioni impiantistiche per l'apparato elettrico di generazione e di conversione, delle quali una è da preferire per applicazioni di piccola potenza (decine di kW: microhydro), mentre l'altra permette di coprire la gamma di potenze superiori, fino al MW: minihydro.
La prima soluzione prevede l'impiego di un generatore sincrono tradizionale, cioè con avvolgimento di eccitazione sul rotore o, per semplificare la costruzione dei generatore, con eccitazione a magneti permanenti.
In questa macchina al variare della velocità di rotazione variano sia l'ampiezza che la frequenza della tensione ai morsetti dei generatore; è necessaria quindi una conversione a valle dei generatore con un convertitore elettronico in grado di assicurare, al variare delle condizioni di impiego dei generatore, le grandezze elettriche desiderate.
Il convertitore è composto da uno stadio di ingresso di raddrizzamento, dove viene effettuata la conversione corrente alternata-corrente continua e da un inverter per la conversione continua-alternata a tensione e frequenza desiderate. Il vantaggio principale di questa soluzione è che l'apparato di conversione a valle dei generatore svincola completamente le grandezze elettriche dei generatore da quelle di utilizzazione consentendo, oltre che una grande adattabilità dello stesso generatore a turbine idrauliche con caratteristiche molto diverse, anche notevoli gradi di libertà nella scelta dei parametri di dimensionamento dei generatore (per esempio macchine a frequenza elevata, con fem indotte non sinusoidali per un migliore funzionamento su raddrizzatone). Per contro in questa soluzione il convertitore elettronico deve essere dimensionato per la potenza nominale dei generatore ed inoltre tutta l'energia prodotta subisce una doppia conversione, prima nel generatore e quindi nel convertitore, con conseguente riduzione dei rendimento complessivo.
Se per macchine di piccola potenza tali svantaggi possono essere tranquillamente tollerati a fronte dei benefici che provengono da questa scelta impiantistica, per applicazioni di potenza superiore è necessario orientarsi verso altre soluzioni. Infatti non è tanto il problema della doppia conversione, che potrebbe avvenire con rendimenti molto alti soprattutto per macchinario di grande potenza, quanto l'onere economico di un convertitore di notevole potenza a rappresentare il vero inconveniente.
In alternativa è possibile ricorrere ad un generatore sincrono avente un rotore con avvolgimento trifase, eccitato in corrente alternata. Per questa macchina la frequenza di statore è legata alla velocità di rotazione m (in giri/min) dalla relazione:

n = (fs-fr) 60/p

dove fs è la frequenza di statore, fr quella di eccitazione dei rotore e p il numero di coppie polari dei generatore. Da essa risulta che per un fissato valore della frequenza di statore, scelto un conveniente numero p di coppie polari, la velocità di rotazione dipende dalla frequenza di rotore: per fr = 0, cioè quando il campo di rotore è solidale al rotore stesso (è il caso di macchine eccitate a magneti permanenti), la velocità dei rotore è quella dei campo magnetico rotante; per fr >= 0 (valori positivi di fr rappresentano la sequenza diretta o inversa dei sistema trifase delle correnti di eccitazione del rotore) è possibile scendere o salire con la velocità del rotore rispetto a quella dei campo rotante.
Il rotore viene eccitato attraverso un convertitore elettronico, alimentato dai morsetti statorici, in grado di variare frequenza e tensione dei rotore; ciò permette di regolare la tensione e la frequenza in uscita dal generatore ai valori desiderati per l'utilizzazione.
A differenza della soluzione precedentemente esposta il convertitore elettronico destinato all'eccitazione del rotore viene dimensionato per una potenza pari a fr/fs volte la potenza Pn di dimensionamento dei generatore e la potenza complessivamente erogata sarà pari a:

Pe = Pn (1 +fr/fs)

essendo il rapporto fr/fs maggiore di zero per velocità di rotazione dei rotore ipersincrono. In questa seconda soluzione la quotaparte di potenza elaborata dal convertitore risulta una frazione di quella complessiva dell'impianto con conseguente contenimento dei costi dei convertitore elettronico. Il generatore, rispetto ad uno a magneti permanenti, presenta maggiori complessità costruttive sulla parte rotorica, che comunque non inficiano i vantaggi ottenuti dalla riduzione dei costi dei convertitore.


Bibliografia
Carmelo Caputo di Calvisi
La Termotecnica - Giugno 2002

 

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