MAI
PIU' PETROLIO: IL
FUTURO E' ALL'IDROGENO
Come
applicare l’elemento chimico per produrre elettricità,
calore e far funzionare veicoli
USA, Canada e Islanda sperimentano il definitivo superamento
degli idrocarburi
Jules
Verne aveva profetizzato, nell'800, l'uso dell'Idrogeno come combustibile.
Ora, le sue previsioni stanno diventando realtà. Infatti, sono
oggi disponibili i primi impianti con celle a combustibile, che utilizzano
idrogeno e ossigeno in un processo elettrochimico.
Si parte da un idrocarburo come il metano, che viene prima sottoposto
ad un processo detto di reforming, al fine di ricavarne un gas ricco
di idrogeno. questo viene fatto reagire con l'ossigeno estratto dall'aria
e come risultato si ottengono elettricità, acqua e calore.
Si realizza così una sorgente di energia pulita. Le celle a
combustibile rappresentano uno stadio dell'evoluzione tecnologica
che ci farà approdare all'energia ideale: quella, appunto,
dell'idrogeno.
Sussistono ancora problemi legati alla distribuzione dell'idrogeno
stesso. Va però ricordato che fino a qualche decennio fa, si
usava il cosiddetto "gas di città", che aveva un elevatissimo
contenuto di idrogeno. Venne distribuito e usato per il riscaldamento
e altri usi domestici per più di un secolo. In effetti, il
cosiddetto "gas di città" era una miscela composta per metà
da idrogeno e per l'altra metà da monossido di carbonio. In
seguito venne sostituito dal gas naturale. Poiché il "gas di città"
era praticamente idrogeno, la distribuzione del combustibile
idrogeno gassoso non dovrebbe richiedere lo sviluppo di tecnologie
straordinarie. Oggi, inoltre, la tecnologia del reformer permette
di eliminare il vincolo legato allo stoccaggio dell’idrogeno
stesso. Ne parla Seth Dunn, un esperto di punta del famoso istituto
World Watch di Washington, in Idrogeno - Verso la sostenibilità
dei consumi energetici, con un rapporto sull'Islanda (Edizioni Ambiente,
pagine 118, euro 15, aprile 2002). I suoi messaggi lasciano spesso
il segno a livello planetario. La sua apologia dell'idrogeno, Meno
ci spiega con abbondanza di particolari gli elementi essenziali del
dibattito in corso nei piani alti dell'energetica avanzata, e delle
politiche ambientali.
Il superamento della fase legata agli idrocarburi viene data per scontata,
insieme alla transizione dovuta a una economia basata sull'idrogeno.
Rimangono ovviamente ancora parecchie difficoltà da superare
e i vincoli geopolitici che ancora ci legano agli idrocarburi rappresentano
un ostacolo da abbattere con diverse mosse, che vengono proposte e
analizzate nel libro. Seth Dunn presenta dunque una sorta di enciclopedia
dell'idrogeno, centrata soprattutto sul ruolo di punta svolto da Stati
Uniti e Canada.
Il rapporto sull'Islanda rappresenta la singolare novità, dato
che l'isola a metà strada fra i continenti europeo e nord-americano
ha deciso una svolta senza precedenti in direzione dell'economia basata
sull'idrogeno. L'Islanda non è certo afflitta da particolari
problemi di inquinamento ambientale, né soffre di pesanti vincoli
nell'approvvigionamento energetico. Dispone infatti di abbondanti
risorse di energia pulita, di origine Idroelettrica e geotermica,
ma ha deciso comunque di abbandonare completamente i combustibili
fossili.
L'obiettivo fissato in una bozza preliminare discussa - in ambito
governativo è di alimentare il 20% dei veicoli e dei pescherecci
con energie rinnovabili entro il 2002, cioè entro quest'anno.
Di qui l'impegno del governo, in stretta cooperazione con le autorità
locali, di realizzare una economia libera dagli idrocarburi entro
qualcosa come 35 anni. Una decisa accelerata dunque per uscire dalla
dipendenza dei signori del petrolio, puntando risolutamente la rotta
in direzione di uno sviluppo sostenibile sia .dal punto di vista economico
sia da quello dell'impatto ecologico.
In effetti, l'Islanda non rappresenta un paese tipicamente europeo,
per le sue caratteristiche climatiche e/o demografiche e i suoi spazi
la rendono più simile a un paese Oltre Oceano, che non a Olanda,
Belgio o Svizzera. Di qui l'interesse degli esperti americani. Ma
il caso dell'Islanda rappresenta un esperimento pilota decisamente
istruttivo per tutti.
ANCHE
I NOSTRI FISICI SONO AL LAVORO GIA’ DA TEMPO
Già
nel 1995 il Premio Nobel Carlo Rubbia, attualmente alla guida dell'Enea,
esplorò in un rapporto interno del Cern, la possibilità
di produrre idrogeno gassoso come sostituto del gas naturale, con
un processo economicamente competitivo.
Proponeva in sostanza di dissociare l'acqua per mezzo del calore nucleare
prodotto dalla combustione del torio nel suo Amplificatore di Energia.
I sistemi basati sul cielo del torio e dell'uranio producono infatti
molto meno plutonio e attinidi di quelli basati sul ciclo tradizionale
dell'uranio e del plutonio. In altri termini, viene praticamente eliminato
quello che Rubbia chiama lo "sterco" dei reattori. L'entusiasmo
di Rubbia per l'idrogeno era nato sulla scia delle analisi tecnico-economiche
sviluppate da Cesare Marchetti, fisico italiano che ha lavorato a
lungo a Vienna e che è un autentico profeta dell'idrogeno.
La ragione della scelta dell'idrogeno è data dalla sua combustione,
che non libera anidride carbonica, quindi non contribuisce in alcun
modo al famigerato effetto serra. Un'altra ragione è la forte
somiglianza dell’idrogeno con il gas naturale.
Nel suo rapporto Rubbia ricordava anche la fortissima somiglianza
sempre fra l'idrogeno e il "gas di città", usato
per lunghissimo tempo prima del gas naturale. L'idrogeno ha una densità
molto inferiore a quella del metano, e un'energia di combustione per
unità di volume che è solo un terzo di quella del metano.
Per quanto riguarda la sicurezza dell'impiego, la pericolosità
dell'uso dell'idrogeno non risulta eccessivamente superiore a quella
dei metano o di altri idrocarburi. Il vantaggio principale è
che quando viene bruciato in aria, gli unici inquinanti prodotti sono
degli ossidi di azoto. Con opportuni processi catalitici, adatti anche
alle applicazioni su piccola scala, persino le emissioni di quegli
inquinanti possono essere ridotte a livelli trascurabili.
Inoltre, se l'idrogeno gassoso viene prodotto sinteticamente dalla
dissociazione dell'acqua, viene al tempo stesso prodotto anche un
corrispondente quantitativo di ossigeno, che non è certo privo
di valore. Infatti l'ossigeno potrebbe a sua volta essere trasportato
e impiegato per migliorare la qualità della fiamma. L'Amplificatore
di Energia, proposto da Rubbia attorno alla metà degli anni
90, ha destato l'interesse di un consorzio di industrie europee, le
quali però lo hanno preso in considerazione sostanzialmente
come un bruciatore di scorie nucleari. È stato cioè
visto più che altro come un sistema adatto per eliminare lo
"sterco" dei reattori, usando sempre la terminologia originale
di Rubbia. L'idea di partenza era invece produrre idrogeno gassoso
per le celle a combustibile o altri impianti del genere. In altri
termini, la produzione di calore dell'Amplificatore di Energia è
stata considerata qualcosa di secondario, come negli impianti di cogenerazione,
mentre il fine primario diventava la eliminazione delle scorie.
In effetti la produzione di idrogeno gassoso tramite il dispositivo
proposto da Rubbia non è ancora in sostanza decollata, come
del resto risulta dal rapporto del World Watch. In compenso, però,
si sono avuti sviluppi significativi negli ultimi anni proprio nella
tecnologia delle celle a combustibile, che consentono la trasformazione
diretta dell'idrogeno in elettricità con una efficienza teorica
che supera l'80%. quindi in teoria l'efficienza delle celle a combustibile
supera di due volte gli ordinari turbo-generatori, evitando l'emissione
di ossidi di azoto. In realtà le celle hanno rendimenti del
30-40% e alcune turbine a gas hanno Efficienza ancora superiore e
quindi rimangono competitive.
Bibliografia
Giorgio Gheppio
"Le nuove scienze", La Padania 30/05/2002