Liberiamo il nucleare
È
una fonte energetica non inquinante, economica e priva di rischi
per l'ambiente e le persone
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In
un mondo che sta cambiando rapidamente, forse troppo, non abbiamo più
tempo per disquisire sulle soluzioni necessarie a fronteggiare una crescita
della popolazione che raggiungerà i 10 miliardi di individui
entro il prossimo quarto di secolo. Una tal crescita porrà terribili
problemi inerenti la disponibilità di acqua potabile, alimenti
ed energia.
Questo significa desalinizzazione dell'acqua marina e coltivazione di
aree desertiche o in fase di desertificazione, quindi necessità
di energia abbondante ed a costo contenuto, ovvero il contrario di quanto
si possa ottenere con sole e vento.
Solo con la fissione dell'atomo si potrà far fronte a questa
necessità primaria per produrre, oltre ad energia elettrica,
anche energia termica in cogenerazione e questo vale specialmente con
lo sviluppo delle nuove generazioni di reattori di taglia media e piccola
che, ritenuti sino a ieri antieconomici, assumono connotazioni diverse
in funzione di un modo nuovo di ragionare che dovrà vedere sempre
più l'energia elettrica prodotta localmente e l'energia termica
distribuita da generatori focalizzati per aree di estensione limitata,
specialmente dove densità industriali e urbane diventano molto
alte. Ovviamente immutata la necessità di un adeguato numero
di grandi centrali che, però, assumeranno funzione di compensazione.
Sin dal 1974 l'Unione Sovietica rese operative centrali nucleari in
cogenerazione. La prima fu installata a Bilibino, nella provincia di
Chukotka (estremo nord est della Russia), poi a Shevchenko nel Kazakhstan
e, successivamente, in altre località. Le condizioni climatiche
particolarmente severe nella Russia e nelle Repubbliche dell'Asia centrale
hanno portato alla necessità di utilizzare la grande quantità
di energia termica prodotta dai reattori nucleari, per riscaldamento
degli insediamenti umani piuttosto che mandarla inutilmente dispersa.
In Italia vengono consumati circa 6Mwh di energia elettrica all'anno
per abitante. Circa il 40% dall'industria, il 43% da abitazioni e servizi
ed il 6-7% da altre attività. Purtroppo il restante 10-11%va
perso, principalmente nel vettoriamento. Questo dato andrebbe approfondito
per capire meglio quale percentuale venga persa nelle dorsali ad alta
tensione e quale nella media - bassa tensione.
È quindi ora di pensare ad un modo diverso di produrre ed usare
l'energia, non solo in realtà di nicchia ma su larga scala e
non solo con la combustione dei rifiuti o con piccole centrali nelle
quali la cogenerazione viene sfruttata da comunità locali abbastanza
lungimiranti. Oggi si deve pensare alla cogenerazione su vasta scala
nella quale centrali nucleari di taglia media o piccola assumano un
ruolo primario, sia pure in un mix energetico che durerà ancora
a lungo.
La cogenerazione produce un'energia termica complessiva molto più
alta della sola energia elettrica generata. Requisito fondamentale per
distribuire e vendere questa energia termica è che l'utenza,
industriale o urbana, si trovi in prossimità relativa (2-10km)
dalla centrale di produzione. Questo principio vale ancor più
per la generazione nucleare e. specie nei piccoli reattori, assume due
aspetti estremamente importanti: anzitutto il recupero di una quantità
di energia termica che potrebbe raggiungere circa il 50% con una perdita
di resa elettrica modesta, non superiore al 5%. Spillando la frazione
di vapore sotto i 120-130'C,meno pregiata ai fini della generazione
elettrica, si possono fornire centinaia di migliaia di kwatt/h termici
all'industria per le attività produttive, alle abitazioni ed
ai servizi per il riscaldamento. Un altro importante fattore è
la grande riduzione di dispersione del calore nell'ambiente, infatti
un reattore della potenza di 300 Mw elettrici genera circa 900 Mw termici,
oltre 500 dei quali vengono smaltiti nell'aria o nei corsi d'acqua.
Ottimizzando il ciclo di distribuzione, si possono utilizzare tutte
le frazioni di temperatura al di sotto dei circa 130° C nei cicli
di produzione industriale, negli impianti di riscaldamento e nella produzione
di acqua sanitaria. La dispersione in ambiente si ridurrebbe a valori
assai modesti.
E tappiamo anche la bocca a quegli pseudo ambientalisti che non si arrendono
né all'evidenza dei fatti nè ai "mea culpa"
che i grandi vecchi dell'ambientalismo fondamentalista, quali Lovelock,
Krupp, Lash, Speth e altri, che dal alcuni anni ormai propugnano ciò
che hanno demonizzato nel passato. Solo il nucleare potrà salvare
il pianeta dalla catastrofe. Bene, tra le troppe imbecillità
dei nostri ambientalisti vi è l'affermazione che l'energia nucleare
costa troppo.
Solo
attraverso la fissione dell'atomo si potrà far fronte al
fabbisogno energetico dei prossimi anni, salvando il pianeta dalla
catastrofe. Chernobyl fu un caso di vera e propria imbecillità
umana che portò il reattore alla supercriticità
escludendo tutti i sistemi di controllo
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Il
costo di produzione (combustibile+riprocessamento+stoccaggio) è,
negli Stati Uniti, di 1,9 centesimi di dollaro per Kwh, ovvero 30 lire!
Poiché la resa di una centrale nucleare è intorno al 35%
, prelevando vapore a 120-130°C a 3 bar perderemo il 18%. Arrotondando
prudenzialmente al 20%, il costo del Kwh "salirebbe" a 36
lire. Potremo perciò, a scelta, mantenere questo costo per il
Kwh elettrico ed avere energia termica a costo 0 oppure lasciare invariato
il costo di produzione elettrica ed avere energia termica ad un costo
di 9lire per Kwh. All'interno di questi valori si potranno spostare
i costi di produzione in base a scelte che terranno conto delle necessità
e del mercato.
Volutamente, in questo calcolo, non si è tenuto contro dei costi
di ammortamento degli impianti. La ragione è molto semplice:
la produzione di energia elettrica è una necessità primaria,
come un ospedale, che deve venire costruito comunque, indipendentemente
dai suoi costi di struttura e di investimento. Il costo di assistenza
ai degenti è un costo marginale, dato dai presidi sanitari utilizzati
- quindi consumati - ma l'ospedale deve esistere anche se, ancor meglio,
nessuno avesse la sfortuna di doverne fruire. Una centrale nucleare
costa più di una termoelettrica, però la durata di vita
è più lunga, la percentuale di ore operative nell'anno
è maggiore ed i costi di manutenzione sono inferiori. Le centrali
turbo gas, con o senza ciclo combinato, devono venire servite da metanodotti
ed il costo del combustibile, proveniente da grandi distanze, è
elevato e soggetto a fattori di rischio non prevedibili. Le emissioni
di CO2 , in virtù di quella follia chiamata "Protocollo
di Kyoto" costringono ad acquistare i diritti di emissione.
Però, anche volendo tener comunque conto dei costi di ammortamento,
il costo di produzione del Kwh elettrico salirebbe a circa 70 lire e
quello termico a 16 lire.
Si tratta sempre di valori competitivL che permetterebbero di ammortizzare
la rete di distribuzione in tempi brevi, sia pur riducendo notevolmente
il costo dell'energia, specialmente all'industria.
Per quale ragione, allora, persiste questa irragionevole, timorosa,
ostilità verso una fonte energetica che può raggiungere
rendimenti globali (elettrico + termico) superiori all'85%, non inquinante,
economica ed oggettivamente priva di rischi perle persone e per l'ambiente?
E semplice ed ha origini ancestrali: le cose che più ci spaventano
sono quelle che non comprendiamo. Dall' Aids all'uranio impoverito,
dalla mucca pazza all'energia atomica, dalla Sars all'influenza, aviaria
che insieme hanno provocato, ad oggi, poco più di 500 vittime,
quasi tutte in Cina per la Sars, quando una banale influenza stagionale
provoca circa 5.000 morti all'anno solo in Italia! Tornando all'energia
atomica ci spaventano le possibili conseguenze di un incidente nucleare
in generale e, più in particolare, ricordiamo ciò che
accadde a Chernobyl circa 20 anni fa. Forse è nella natura umana
la fame di notizie disastrose e quindi ci aspettiamo unicamente queste
quando si parla di Chernobyl. Benché da anni la comunità
scientifica cerchi di opporsi alla spirale di paura provocata da una
comunicazione faziosa o disinformata ed incompetente, milioni di persone
vogliono ancora credere che Chernobyl sia stato il peggior disastro
del XX secolo, che "l'esplosione" abbia provocato decine di
migliaia di vittime e milioni di esseri umani siano stati colpiti da
micidiali radiazioni che ne provocheranno la morte in tempi più
o meno lunghi.
Non e così! In quell'incidente, avvenuto il 26 aprile 1986, morirono
53 Vigili del fuoco intervenuti immediatamente, senza alcuna protezione
contro le radiazioni. In tutta la storia dell'uso pacifico dell'energia
nucleare, la somma delle vittime di tutti gli incidenti accaduti, è
stata di... 3 morti in un impianto giapponese di Tokaimura per il trattamento
del combustibile nucleare. Gli altri incidenti, complessivamente 5 compreso
quello di Three Mile Island, non provocarono morti ma solo alcuni casi
di danni reversibili tra il personale addetto agli impianti coinvolti.
Chernobyl rimane un caso di incidente, grave quanto si vuole ma non
disastroso come si cerca di far credere. Inoltre non fu un incidente,
bensì un caso di vera imbecillità umana che portò
il reattore alla supercriticità escludendo tutti i sistemi di
controllo.
Bibliografia
Claudio Regis
La Padania 26/03/2006
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