IMPIANTI ENERGETICI E BIOMASSA VEGETALE
La
tecnologia che permette l'utilizzo della biomassa vegetale per la produzione
energetica, presentata in dettaglio in un precedente scritto dello stesso
autore e qui brevemente richiamata, presenta molti interessanti sviluppi:
in questo nuovo articolo si analizza in particolare l'importante possibilità
di sfruttare le abbondanti risorse vegetali di alcuni paesi in via di
sviluppo, con benefici dal punto di vista energetico ed ambientale.
|
In un precedente numero di questa rivista (n. 2-2004), avevamo descritto
la nostra tecnologia "Ba-sa" di carbonizzazione-pirolisi-gassificazione
della biomassa vegetale ed assimilabili.
I relativi impianti sono costituiti dalle seguenti parti:
bio-triturazione
o taglio a lunghezza, secondo il tipo di materia prima biomassa vegetale
(circa 5-100 mm);
bio-essiccazione
della precedente biomassa (valore ottimale circa 15%).
Queste operazioni possono avvenire a spese di energia prodotta dall'impianto
stesso, senza nessun apporto dall'esterno.
La precedente materia prima, pretrattata come sopra, viene alimentata
nel reattore-convertitore termochimico che la trasforma in tre bio-combustibili:
Bio-carbone
(carbone biologico), neutro (ossia senza produzione di C02 compensata
durante la crescita della pianta), di alta qualità, per uso domestico,
in sostituzione, molto migliorativa, del comune carbone di legna artigianale;
ottimo per preparazione di carboni attivi; ottimo combustibile solido
in polvere per bruciatori industriali; "slurry" per trasporto
di carbodotti; ecc.
Bio-olio
di pirolisi (olio biologico), combustibile liquido, paragonabile e sostituibile
ai combustibili petroliferi di media densità (nafta) per alimentazione
di motori a c.i. (motori a combustione interna) con adeguate regolazioni
e adattamenti, bruciatori industriali, ecc.; materia prima per prodotti
di chimica fine, nel campo cosmetico, alimentare, ecc.
Biogas
di pirolisi, combustibile gassoso, subito o direttamente nelle camere
di combustione delle macchine termiche, del gruppo elettrogeno dell'impianto.
Il convertitore lavora in depressione ed alla temperatura max. di 450-500
°C: esso è completamente a tenuta stagna e non emette nulla
nell'ambiente esterno. Analogamente le uscite da esso dei bio-combustibili
avvengono attraverso tubazioni a tenuta stagna e vanno nei relativi
sili e serbatoi.
La produzione dei tre bio-combustibili corrisponde all'esigenza (ONU,
ONU D.I., FAO, ecc.), soprattutto per i paesi in via di sviluppo, di
produrre carbone di legna per uso domestico (focolai per cottura cibi,
ecc.), limitando al minimo l'abbattimento di alberi, di boschi e di
foreste, per la produzione di carbone di legna artigianale locale.
Inoltre la gassificazione della biomassa rappresenta la forma più,
conveniente di produzione di energia da biomassa vegetale.
Allo scopo di ridurre l'abbattimento di alberi, per esempio di foreste
africane, per fare carbone di legna locale, si cerca di sfruttare la
possibilità di utilizzare biomasse vegetali locali, provenienti
da piantagioni (piante di caffè, cotone, gusci di arachide, anacardio,
ecc.) oppure piante selvatiche particolarmente adatte per il suddetto
scopo.
Tali piante verrebbero sfruttate per alimentare gli impianti ad energia
alternativa rinnovabile, biomassa vegetale, con il processo di carbonizzazione-pirolisi-gassificazione
e produzione simultanea dei tre bio-combustibili (bio-carbone, bio-olio
di pirolisi, biogas di pirolisi).
In particolare il bio-carbone sarebbe complementare all'attuale suddetto
carbone di legna locale, combattendo la deforestazione selvaggia.
Il bio-carbone ed il bio-olio di pirolisi sono combustibili stoccabili
e trasportabili per poterli, eventualmente, utilizzare anche altrove.
Qui esaminiamo in particolare la "Typha Australis" (illustrata
nella foto), pianta acquatica a rizoma tipica delle valli dei fiumi
Senegal, Niger, Congo, ecc. e che si trova pure in Europa (Germania
(Danubio), Spagna, ecc.). Si tratta di una pianta d'acqua dolce, a proliferazione
e crescita rapide, infestatrice.
Le considerazioni potranno essere estese, pure, ad altre piante infestatrici
similari (giacinto d'acqua, sida cordifolia, ecc.).
Essa arriva a bloccare i sistemi di irrigazione e di navigazione fluviale
(canali, paratorie, macchinari, ecc.), riduce le superfici coltivabili
sulle sponde dei corsi d'acqua, elimina le piante utili che ivi nascono
normalmente ed ostacola il libero abbeveraggio degli animali. La putrefazione
della pianta in loco altera le qualità potabili dell'acqua favorendo
lo sviluppo di malattie infettive e provoca moria di pesci.
La proliferazione della Typha Australis costituisce perciò un
grave ostacolo allo sviluppo delle zone interessate ma nel contempo
rappresenta una quantità importante di biomassa vegetale energetica
disponibile liberamente in natura e da valorizzare. Così il suo
possibile sfruttamento energetico costituisce una lotta utile contro
la sua proliferazione.
Tale sfruttamento energetico comporta le seguenti operazioni:
a) raccolta delle piante
Typha con Idonee attrezzature meccaniche di taglio, sradicamento per
mezzo di appositi natanti-barche; essiccazione della biomassa Typha,
utilizzando energia termica prodotta dall'impianto stesso di carbonizzazione-pirolisi;
b) carbonizzazione-pirolisi
della biomassa essiccata, cippata, ottenendo carbonella che successivamente
può essere agglomerata-brichettata, secondo le richieste del
mercato locale e/o di esportazione;
c) produzione di energia
elettrica per le reti di distribuzione urbana e rurale; produzione di
energia termica (essiccazione della biomassa iniziale e delle bricchette,
essiccazione industriale di legname, ecc.);
d) possibilità
di usare gli stessi impianti anche per altre biomasse locali (paglia
e lolla di riso, piante e tutoli di mais, residui di cotone, residui
alimentari, ecc.), senza sensibili modifiche nei risultati energetici
ottenuti.
L'unità di trattamento-gassificazione delle piante e dei rizomi
per estrarre da essi prodotti interessanti, per esempio un legante (contenente
circa 30% amido, commerciabile) per l'agglomerazione della carbonella
in bricchette per uso domestico, dovrebbe funzionare in continuo 24
h/24 h, 7200 h/a con due fermate di 30 giorni, per manutenzione e revisione
dell'impianto.
Lo sradicamento completo della pianta con il suo rizoma comprende la
carbonizzazione della pianta completa e dei residui dei rizomi dopo
la suddetta estrazione del legante oppure taglio dello stelo delle piante
emergenti dall'acqua, per la loro carbonizzazione.
La superficie stimata occupata dal Thypha, per esempio nel Senegal,
si aggira intorno a circa 7000 ettari (ha); lo sviluppo della pianta
è circa 10% all'anno e si hanno, mediamente, 20 piante per m2;
la capacità di bio-carbone è valutata a circa 130 t/ha
di pianta fresca che dovrebbe produrre 6 t di bio-carbone.
Per esempio una produzione di circa 14.000 t/a di bio-carbone, in bricchette,
ottenute con circa 8% di legante umido, da rizoma, mescolato alla carbonella
di bio-carbone, corrisponderebbe ad una produzione di elettricità
(elettrificazione rurale) da distribuire di circa 2200 kWh; essa rappresenta
il consumo di circa 4.500 unità familiari.
Questi impianti sono modulari, ossia consentono una successiva aggiunta
nel tempo di altri moduli, in parallelo, per arrivare praticamente a
qualsiasi capacità di produzione,
Lo studio preliminare delle caratteristiche fisico-chimiche del trattamento
della pianta Typha ha dimostrato che essa è molto valida come
combustibile solido e produttore di energia elettrica e termica e sotto
il profilo economico col processo di carbonizzazione-pirolisi-gassificazione,
tenendo conto della sua grande quantità disponibile e della sua
riproduzione e crescita molto rapide.
Ciò permette di prevedere una produzione industriale importante
e, soprattutto, per lungo tempo. Per avere una buona e duratura produzione
di bio-massa, bisogna tagliare la pianta circa 20 cm sotto il livello
dell'acqua per assicurare l'ossigenazione delle sue parti, sotto il
terreno del fondo del corso d'acqua. Il taglio si effettua una volta
per ciclo, ossia in generale una volta all'anno, a fioritura inoltrata,
Proprietà fisico-chimiche della pianta Typha:
- Analisi
chimica della pianta intera:
-
sostanze volatili circa 72%
-
ceneri circa 8%
-
carbonio fisso circa 20%
-
Materia secca utile:
-
C circa 45%
-
H circa 7%
-
0 circa 43%
-
5% componenti non
definiti
(non interessanti per queste note)
- Umidità:
compresa fra 7 e 12% di H2O
- Contenuto
energetico (PCI) circa 17 MJ/kg (1 MJ = 239 kCal 17 MJ/kg = 4.000
kCal/kg).
La quantità
di biomassa aumenta con la profondità dell'acqua; per esempio,
biomassa secca utile, ottenuta con taglio dello stelo della pianta a
20 cm sotto il livello dell'acqua, può triplicare in kg/mq a
circa 150 m di profondità.
Per esempio, nel precedente caso del Senegal, su una superficie di circa
7.000 ettari (ha) si può ottenere una quantità media di
biomassa secca utile di 18 t/ha.
La potenza calorifica della pianta Typha è molto alta, anche
se minore di quella della nafta ossia un rendimento per ettaro di 22
t di materia secca per un equivalente di 8.000 litri di nafta.
Bibliografia
Mario Siborno
Il Perito Industriale - 05/2005 |