Usare energia pulita? Non sarà la fine del mondo.
Il
rischio della glaciazione del pianeta non basta a fare mutare rotta
a chi antepone il profitto alla salvaguardia dell’ambiente. La parola
d’ordine è risparmiare e usare fonti alternative.
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Nella foto,
un’immagine tratta dalla locandina del film L’alba del giorno
dopo (The day after tomorrow). Per alcuni si tratta di fantascienza,
ma gli autori in realtà hanno tratto la sceneggiatura dal
libro La tempesta globale basato su un rapporto per il Pentagono
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Quando
i socialisti nei favolosi (per loro) anni 60 arrivarono al governo e
iniziò lo sciagurato consociativismo italico Dc, Psi, Pci della
Prima Repubblica, che portò il Paese sull’orlo della bancarotta
all’inizio dei singhiozzanti anni 90, una delle prime cose che fecero
fu la nazionalizzazione dell’energia elettrica. La motivazione era apparentemente
ineccepibile: l’energia elettrica per i cittadini è un bene troppo
prezioso per essere gestito privatisticamente con criteri capitalistici
di mercato, deve essere gestito nell’interesse primario del popolo.
Per dirla con Dante Alighieri (e più modernamente anche con Mike
Buongiorno ) «Ahi ahi ahi ahi ahi, signor ministro, di quanto
mal fu madre...».
Con questi criteri veterosovietici, la gestione monopolistica dell’Enel
ci ha portato ad avere costi del kilowattora fra i più alti in
Europa, per la totale mancanza di un regime di concorrenza.
E nel 1987, sull’onda emotiva dell’immane tragedia di Chernobyl, ecco
la ciliegina sulla torta, alla faccia del popolo bue che continuava
a farsi spennare da politici ladri, cioè i famigerati referendum
che portarono all’arresto delle centrali nucleari italiane: con il pretesto
di salvare i poveri italiani dalle tragedie nucleari, i socialisti,
per proteggere i loro cospicui interessi nell’Ente Nazionale Idrocarburi
e i verdi per calcolo elettorale, dispersero al vento migliaia di megawatt
e un patrimonio insostituibile di esperienza tecnica, costringendo il
Paese a comprare energia da Francia, Svizzera, Austria, Jugoslavia.
Ma non basta: nel 2003, anno della prima estate veramente tropicale,
di 75.000 megawatt di potenza elettrica installata erano funzionanti
soltanto 50.000 megawatt circa (più 6.000 provenienti dall’estero)
perché molte centrali con impianti economicamente superati erano
state arrestate.
E nel frattempo la gente cosa aveva fatto per proteggersi dall’ondata
di caldo? Ovviamente acquistato potentissimi condizionatori, con il
brillantissimo risultato di far produrre più energia alle centrali,
con maggiori emissioni di anidride carbonica , che facevano aumentare
la temperatura per effetto serra, cosa che faceva acquistare altri condizionatori,
e quindi far produrre più energia alle centrali e così
via, quindi un ciclo perverso tutt’altro che finito perché gli
scienziati prevedono estati sempre più torride.
Così in quell’indimenticabile 28 settembre 2003, mentre la potenza
disponibile in Italia era soltanto 15.000 megawatt, ecco che alle 3
di notte un albero svizzero va a cadere su una linea dell’alta tensione,
provocando il blocco della centrale svizzera che alimentava la linea:
poi una a una, come birilli, andarono in blocco per sovraccarico le
centrali francesi che fornivano energia all’Italia, e la maggior parte
delle centrali italiane, alla faccia di un alto dirigente Enel che,
dopo l’analogo black out negli Stati Uniti, aveva sentenziato: «Da
noi non può succedere, perché la nostra distribuzione
e i nostri sistemi automatici sono molto superiori a quelli americani».
Ed ecco il ministro delle Attività Produttive scatenarsi a proclamare
che la costruzione di nuove centrali termoelettriche a combustibili
fossili avrebbe evitato nuovi black out, sacramentando contro i sindaci
che fanno di tutto per bloccargli una simile aberrazione: non ha più
senso costruire altre mega-centrali superinquinanti quando esistono
soluzioni molto più moderne e meno inquinanti.
Una mia vecchia zia casalinga, che abita guarda caso a Voghera, ha subito
detto: «Ma perché fare centrali nuove anzichè rimettere
in funzione quelle che erano state fermate prima?». Elementare,
Watson.
Uno potrebbe chiedersi: «Ma perché in Italia si continuano
a privilegiare grossi produttori di energia elettrica, cioè Enel
più altri produttori entrati nel giro sfruttando la privatizzazione
di Enel, i quali riescono a bloccare l’auto-produzione locale e l’immissione
in rete di energia di “supero” da parte di piccoli gestori autoproduttori,
per evitare un calo delle bollette rovinoso per l’Enel?».
Semplice, l’Italia è un paese di privilegi e privilegiati, in
cui le grosse lobbies riescono sempre a tenere fuori del business potenziali
piccoli concorrenti, è una maledizione secolare.
Negli Stati Uniti, il film L’alba del giorno dopo (The day after tomorrow)
tratto dal libro La tempesta globale dei giornalisti e scrittori americani
Art Bell e Whitley Strieber, siti web www.artbell.com e www.unknowncountry.com,
(libro che descrive le conseguenze climatiche terrificanti provocate
da surriscaldamento del pianeta, fusione dei ghiacci artici e conseguente
interruzione della Corrente del Golfo per riduzione di salinità
dell’acqua, con inizio di una nuova glaciazione), è stato bollato
dagli scettici come opera di fantascienza scritta da giornalisti ignoranti.
In realtà il libro è basato sul rapporto An abrupt climate
change scenario scritto per il Pentagono da Peter Schwartz e Doug Randall
dell’istituto di analisi Global Business Network su richiesta di Andrew
Marshall, il mitico ideatore dello scudo stellare americano. Bell e
Strieber prima di scrivere il libro hanno consultato un’ampia documentazione.
Riuscirà il pianeta Terra a salvarsi da una nuova glaciazione?
Tutte le glaciazioni negli ultimi 400.000 anni sono iniziate dopo un
periodo di veloce surriscaldamento come quello attuale, per effetto
appunto, secondo gli scienziati, dell’arresto della Corrente del Golfo.
Secondo gli scienziati dell’Ipcc per evitare la nuova glaciazione è
importante contenere entro 2 gradi l’aumento di temperatura medio ed
entro 550 ppm la concentrazione media di anidride carbonica. Se il risparmio
di energia e il ricorso alle energie alternative non procedessero con
sufficiente velocità, la glaciazione potrebbe verificarsi addirittura
nel decennio 2020-2030, quindi rimane pochissimo tempo per rinsavire.
Pertanto la riduzione necessaria di emissioni entro la metà di
questo secolo è enormemente superiore all’obiettivo di Kyoto,
addirittura dal 60 all’80%.
Come arrivarci? Certamente non costruendo altre mega-centrali superinquinanti,
come voleva fare in Italia l’ex ministro delle Attività Produttive.
Le emissioni di gas a effetto serra sono dovute per il 30% circa alle
industrie, per il 30% circa al traffico su strada e addirittura per
il 40% all’energia necessaria per alimentare gli edifici civili (soprattutto
riscaldamento e condizionamento).
Un processo importante di riduzione è quello di decarbonizzazione,
ossia sostituzione di carbone e derivati del petrolio con combustibili
che hanno un rapporto inferiore tra numero di atomi di carbonio e numero
di atomi di idrogeno, quindi metano nelle centrali elettriche, Gpl o
metano o biodiesel per le auto (sempre che ci si decida ad aumentare
il numero di distributori, che in certe zone è semplicemente
ridicolo.)
Altro processo importante la riforestazione, perché notoriamente
le piante assorbono anidride carbonica ed emettono ossigeno.
Altri fattori importanti sono co-generazione, teleriscaldamento, microgenerazione
locale che sostituisce le mega-centrali superinquinanti, (anche se in
Italia l’ex ministro delle Attività Produttive vedeva quest’ultima
cosa come il diavolo vede l’acquasanta), quindi microturbine a gas,
microturbine idroelettriche in corrispondenza di piccoli salti nei corsi
d’acqua, pannelli solari, piccole turbine eoliche, celle a combustibile
alimentate a idrogeno. In sostanza si tratta di un processo di decentramento
in cui i privati si sostituiscono ai monopolisti incalliti. In questo
modo le probabilità di black out scendono praticamente a zero,
perché l’eventuale blocco di un impianto da 100 kwatt o anche
molto meno, provoca un sovraccarico trascurabile negli altri impianti
di generazione, quindi il processo di reazione a catena che ha causato
il black out del 28 settembre 2003 in Italia difficilmente potrebbe
verificarsi, e, last but not least, le tariffe dell’energia elettrica
scenderebbero vertiginosamente per effetto del regine di concorrenza.
Secondo il noto economista Jeremy Rifkin, nella produzione di energia
si verificherà lo stesso processo che si è verificato
nell’informatica, dove dagli enormi mainframe a valvole che occupavano
un intero locale, si è passati gradualmente, grazie a microchip
sempre più piccoli e più potenti, ai personal computer
prima fissi poi portatili, ai cellulari di nuova generazione sempre
più piccoli che costituiscono la convergenza tra informatica
e telecomunicazioni. Allo stesso modo, nell’energia dalle mega-centrali
superinquinanti si passerà alla produzione locale di energia
da parte di privati connessi alla rete.
Una grossa riduzione degli sprechi di energia negli edifici civili è
ottenibile con la bio-architettura e impianti di riscaldamento e condizionamento
molto più efficienti e meno inquinanti.
La bio-architettura, nata in Germania negli anni 70, si fonda su principi
ecologicamente corretti nella costruzione di nuovi edifici e, importantissimo,
nella ristrutturazione degli edifici esistenti. Obiettivi principali
sono risparmio energetico, risparmio di risorse ambientali primarie,
salubrità degli edifici e comfort abitativo.
Negli edifici costruiti con i vecchi criteri, l’involucro esterno è
un vero e proprio colabrodo che lascia passare il calore interno d’inverno
e il calore esterno d’estate. Il calore disperso verso l’esterno da
pareti esterne, finestre, solai, tetti, basamenti può arrivare
fino al 50% del calore prodotto dall’impianto di riscaldamento. Occorre
coibentare tutte le superfici (muri esterni, coperture, interfacce di
solai e basamenti) mediante aumento di spessore e intercapedini riempite
di materiale isolante, ad esempio fibra minerale, polistirene espanso,
fibra di vetro, cellulosa in fiocchi, applicare alle finestre doppi
o tripli vetri a seconda del clima locale e telai coibentati, eventualmente
costruire tetti verdi come in Scandinavia...
L’orientamento dell’edificio, generalmente con l’asse maggiore secondo
l’asse est-ovest, deve essere tale da ottenere la massima insolazione
per i locali di uso frequente come soggiorni e camere da letto, e la
minima insolazione per i locali poco usati, ad esempio ripostigli, locali
a uso cucina con lavastoviglie e frigorifero, locali bagno con lavatrici.
Rispetto agli edifici tradizionali, le finestre sui lati sud, sud-est,
sud-ovest, devono avere ampiezza superiore e le finestre sui lati nord,
nord-est, nord-ovest ampiezza limitata al minimo indispensabile per
l’illuminazione diurna.
La conducibilità termica fra interno ed esterno e viceversa viene
espressa in kilowattora per anno e metro quadro di superficie calpestabile;
in Germania la legge impone di non superare 70 kWh al mq, la legge italiana
10/91 prescrive un limite di 120 kWh al mq, e dato il ben noto rispetto
delle leggi in Italia, la maggior parte degli edifici italiani non ancora
ristrutturati presenta valori fra 150 e 200 kWh al mq. Per inciso la
provincia (autonoma, guarda caso) di Bolzano prescrive un limite di
70 kWh al mq.
La legge italiana prescrive che la temperatura dei locali non superi
20 gradi, cosa che naturalmente nessuno si preoccupa di andare a controllare.
Nelle case costruite secondo i nuovi regolamenti edilizi, il valore
di conducibilità termica viene dichiarato su una specie di etichetta
ecologica apposta all’ingresso; vi sono 7 categorie di efficienza energetica
come per gli elettrodomestici, contraddistinte dai soliti 7 colori,
la categoria migliore (colore verde e lettera A) non supera 15 kWh al
mq, la categoria peggiore (colore rosso e lettera G) supera 160 kWh
al mq, tutto questo comporta un sistema di certificazione energetica
degli edifici.
Le nuove caldaie a condensazione permettono di recuperare calore dai
fumi di combustione, cedendolo al circuito di riscaldamento; in tal
modo si riducono anche le emissioni inquinanti perché il vapor
d’acqua contenuto nei fumi condensa anzichè essere emesso nell’atmosfera.
Valvole termostatiche su ogni singolo radiatore permettono di limitare
il riscaldamento ai locali occupati dagli abitanti; il calore viene
contabilizzato mediante contatori individuali per appartamento anzichè
per ripartizione in millesimi di condominio, per cui tutti gli abitanti
sono incentivati a consumare meno energia.
Vi sono poi sistemi di riscaldamento e raffrescamento passivo, ad esempio
serre bio-climatiche e logge bio-climatiche. Per il necessario ricambio
di aria si utilizzano condotti che passano attraverso scambiatori di
calore, d’inverno l’aria calda in uscita cede calore all’aria fredda
che arriva dall’esterno, d’estate l’aria calda in entrata cede calore
all’aria fresca che arriva dall’interno. Il calore per l’acqua sanitaria
viene generato da pannelli solari termici disposti sul tetto dell’edificio.
Pure facoltativi sono generalmente l’applicazione sotto il pavimento
di pannelli radianti e l’uso di pompe di calore per prelevare o cedere
calore al terreno sottostante. Per quanto riguarda gli impianti elettrici
e l’illuminazione, sono generalmente obbligatori interruttori a tempo,
sensori di presenza nei locali e sensori di illuminazione esterna.
A causa della continua riduzione di disponibilità di acqua di
falda nel mondo, l’acqua piovana viene raccolta sul tetto e utilizzata
per l’irrigazione del giardino, mentre l’acqua di scarico di lavatrici,
docce e vasche da bagno viene inviata ai cassonetti dei Wc.
Il maggior costo degli immobili per i suddetti accorgimenti oscilla
fra 3% e 10%, mentre il risparmio di energia è tipicamente del
40%; per l’ammortamento del maggior costo iniziale grazie alla riduzione
della bolletta si prevede mediamente da 8 a 10 anni. Una volta tanto
ecologia e interessi economici si sposano felicemente.
Bibliografia
Giorgio Fioravanti
IL FEDERALISMO - 11/05/2005
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