Consumi di gas naturale in prospettiva

 

L'Italia, per la struttura e le tecnologie adottate nelle sue infrastrutture energetiche, è uno dei maggiori consumatori di gas naturale; combustibile pregiato al fine di ridurre le emissioni inquinanti e rispettare le limitazioni poste alle emissioni globali a livello internazionale. Gli attuali consumi di gas naturale in Italia ammontano a circa 75 miliardi di metri cubi l'anno, che sono coperti per circa il 18% da produzione nazionale e per 1'82% da importazioni. L'Algeria e la Russia sono i paesi da cui l'Italia importa le maggiori quantità di gas. Dall'Algeria giunge anche una frazione (circa il 5% delle importazioni) sotto forma di LNG (gas naturale liquefatto). I terminali italiani per l'importazipne di LNG sono Brindisi e Rovigo.
La capacità di stoccaggio gas in Italia è di circa 13 miliardi di metri cubi (owero non supera il 18% del fabbisogno annuo attuale). Ciò significa che se immaginiamo i consumi distribuiti uniformemente lungo l'arco dell'anno, le riserve riescono a coprire non più di un mese e mezzo di funzionamento (in contemporaneità) dei sistemi nazionali alimentati a gas.
In un'ottica di sicurezza energetica del paese, traguardata secondo i criteri di security adottati a valle dei fatti dell'11 settembre non si può che convenire sulla vulnerabilità dell'Italia dal punto di vista energetico, non solo per la sua grande dipendenza dall'estero, ma anche dal punto di vista della sua capacità di accumulo (figg. 1 e 2).


Di recente il settore del gas italiano ha subito una serie di adeguamenti nell'ottica della liberalizzazione del mercato e l'attività dell'intero settore è regolata dall'Autorità per l'Energia Elettrica ed il Gas. A riguardo di ciò gli operatori del settore ed in particolare i finanziatori (banche, ecc.) sembrano sostenere - quasi ad incoraggiare investimenti - che il sistema regolatorio italiano è attivo e funzionante.
Ad un'analisi più ravvicinata, però, sembra cogliere che mentre nel settore della produzione, dell'importazione e del relativo trasporto, c'è ancora una posizione dominante di colossi nazionali, nel settore del trasporto locale per usi industriali e della distribuzione per usi civili, si va realizzando una situazione. che - pur essendo lontana dal teorico libero mercato - vede una pluralità di operatori e di presenze sul territorio nazionale.
A parte i consumi domestici, i maggiori consumatori di gas sono gli impianti di produzione di energia elettrica che sempre di più, per ragioni ambientali vengono nel nostro paese alimentati con gas naturale. Basti pensare che un impianto a ciclo combinato tecnologicamente moderno (con rendimento intorno al 55%) di taglia intorno a 400 MW (potenza che riesce ad alimentare le utenze elettriche per circa 150.000 famiglie) che funzioni per far fronte al carico di base (ovvero che funzioni più di 6000 ore/anno) richiede circa 0,5 miliardi di metri cubi l'anno per funzionare con gas naturale. C'è quindi una strettissima relazione tra consumi elettrici e consumi di gas nel nostro paese, tant'è che l'Italia è accusata di monocultura per il suo grande ricorso al gas nel settore elettrico. Ormai anche a livelli istituzionali elevati si ammette che, nonostante le liberalizzazioni attuate nel settore elettrico, il prezzo dell'energia elettrica nel nostro paese non riesce a scendere a causa dell'assenza di impianti a carbone ed impianti nucleari come si trovano invece negli altri paesi europei.
Nel mese di luglio 2004 il picco di potenza elettrica estiva richiesto dalla rete sembra sia stato raggiunto, ed è stato pari a circa 54,000 MW, a fronte di una potenza installata (ma non disponibile tutta) di oltre 80.000 MW. Questo dato, lungi dall'incoraggiare per la riserva di potenza di cui disporrebbe il paese, la dice invece lunga sullo stato del parco di generazione elettrico nazionale, specie riguardo la sua competitività, visto che circa il 17-18% dell'energia elettrica consumata si preferisce importarla dall'estero anziché produrla da noi. Un'analisi più approfondita mostra, inoltre, che a fronte di 1800 MW di nuova potenza attesa per fine anno 2004 si avrebbe una necessità di almeno altri 4500 MW. Ciò mostra che la liberalizzazione di fatto porta a fermare, evidentemente per motivi economici ed ambientali, gli impianti obsoleti, e difficilmente consente il rimpiazzo con nuova potenza, poiché la struttura competitiva del mercato globale offre maggiori opportunità sul mercato estero, specie quando una sufficiente potenza di interconnessione con l'estero è resa disponibile.
Sul fronte delle autorizzazioni per l'installazione di nuova potenza elettrica si registrano dati e fatti significativi. Sono infatti stati autorizzati fino ad oggi nuovi impianti per la generazione di elettricità per circa 18.000 MW (essenzialmente cicli combinati alimentati a gas) e circa 10.000 MW sono, in un modo o in un altro, lungo la pipeline per la costruzione a tempi più o meno lunghi. Questo porta alle due seguenti riflessioni:
1. C'è un evidente overbooking di autorizzazioni per nuova potenza che non potrà essere smaltito a breve; le istituzioni italiane a seguito della liberalizzazione non si sentono più coinvolte nello stabilire quali e quanti impianti devono entrare in esercizio e quando, ma lasciano agli operatori del libero mercato ogni decisione al riguardo.
2. La nuova potenza autorizzata, essendo essenzialmente a gas naturale, comporterà un aumento dei consumi di gas nel solo settore elettrico (trascurando quindi tutti gli altri settori) che potrebbe essere a più breve-medio termine di circa 251(*) miliardi di metri cubi per anno e a più lungo termine di 36 miliardi di metri cubi per anno. Sebbene siano già previsti due progetti di gasdotti per il collegamento:
della Sardegna con l'Algeria - che fornirà ulteriori 12 miliardi di metri cubi all'anno;
della Sicilia con la Tunisia - che fornirà ulteriori 4 miliardi di metri cubi all'anno;
ci si chiede se la capacità di trasporto addizionale basterà o se, in alternativa, le autorizzazioni per l'installazione di nuova potenza elettrica saranno, almeno in gran parte, vanificate.
La cosa ancor più preoccupante, però, riguarda l'entità delle riserve globali di gas. C'è un dibattito acceso al riguardo. Sebbene sia vero che come per tutte le risorse anche per il gas l'estrazione può rendere disponibile maggiori riserve a prezzi crescenti (e questo già dovrebbe bastare a lanciare l'allarme) ad oggi ci sono opinioni che sostengono come le riserve di gas accertate non possono andare oltre i 60-80 anni al ritmo dei consumi attuali.
Pur senza voler entrare in questo difficile dibattito, c'è da chiedersi però se sia saggio che il nostro paese perseveri nella sua monocultura verso l'uso di gas o non sia venuto il momento di tornare alla diversificazione vera delle fonti che è qualcosa di diverso dalla già attuata diversificazione delle aree geopolitiche per gli approvvigionamenti energetici primari.

(*) Dividendo 10.000 MW per 0,5 miliardi di metri cubi ogni 400 MW

Bibliografia
Rocco Morelli
Il Perito Industriale - Settembre/Ottobre 2004

 

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