Rapporto annuale 2003 sull'energia e sull'ambiente

Un'occasione per riflessioni sulla necessità di una seria politica energetica nazionale.

Il 15/01/2004 è stato presentato a Roma da parte dell'ENEA, alla presenza di rappresentanti di istituzioni (CNEL, Ministeri delle Attività Produttive e del¬l'Ambiente, Autorità per l'Energia Elettrica ed il Gas, Regioni) ed aziende del settore energia, il Rapporto Annuale 2003 sull'Energia e sull'Ambiente (disponibile presso Enea e di solito reperibile sul suo sito web dopo qualche tempo dalla formale presentazione) .
Il rapporto e la sua presentazione, che già da qualche anno giustamente raccolgono l'interesse delle istituzioni e degli operatori del settore energetico, è anche un momento di sintesi e di riflessione, momento che si vuole qui di seguito discutere e commentare, almeno nelle linee generali ed in alcuni degli aspetti salienti, tenendo conto anche dei contenuti proposti dalle personalità intervenute.
Si è avuta evidenza, ad esempio, che la tradizionale correlazione tra crescita dei consumi energetici e crescita del PIL è ormai uno schema interpretativo superato. Tanto è vero che si registra di fatto che i consumi energetici aumentano anche in una fase di stagnazione economica come quella che ha caratterizzato il Paese nel 2003. Davanti ad una tale tendenza, mentre è condivisibile e corretta la preoccupazione generale rivolta a stabilizzare le emissioni - e su tale aspetto il problema è essenzialmente tecnologico - non è certo condivisibile e tanto meno corretta la politica di stabilizzazione della domanda, specie quando questo suggerimento viene da esponenti di istituzioni economico-sociali, ai quali sembra sfuggire che esso implica un congelamento dello sviluppo, poiché non vi può essere sviluppo senza incremento di consumi energetici.
Altro discorso è, invece, migliorare la situazione - così come proposto - agendo su diversi assi quali l'aumento dell'efficienza energetica (specialmente nel settore civile), la necessità di dare impulso alle rinnovabili, un impegno straordinario in ricerca ed innovazione, una responsabilizzazione dei consumatori anche attraverso un diverso ruolo delle Regioni. E' così emerso che i punti su cui lavorare potrebbero essere la problematica della governance, come pure un tavolo CNEL per favorire l'efficienza energetica, le occasioni di riflessione sull'applicazione di CIP 6, il rapporto cittadini-istituzioni su temi energetici, le occasioni di riflessione sull'idrogeno (vettore e non fonte energetica, come occorre sempre ricordare per evitare mistificazioni).
In un panorama nazionale senza sviluppo che vede comunque crescere i consumi energetici specie per diffusione di modesti ma numerosi consumi tecnologici, petrolio e gas si riconfermano fonti privilegiate dagli Italiani. E' stato ben sottolineato come nel complesso si registri un aumento delle importazioni elettriche, un aumento della mobilità e di consumi per trasporti, un aumento delle emissioni specie per effetto dei trasporti stessi, nonché un possibile spostamento della punta di potenza elettrica richiesta dalla stagione invernale a quella estiva per effetto dei consumi delle famiglie. Ma è molto probabile che in concreto a nulla valgano i richiami sull'aumento delle emissioni, specie di gas serra, sull'aumento della mobilità e dei consumi dei trasporti, sui quali è stato correttamente affermato che i metodi coercitivi non funzionano per risolvere il problema.
Nei grafici sono riportati alcuni dati significativi sul trend in aumento della dipendenza energetica che si delinea per l'Italia già da qualche tempo, sul significativo aumento delle emissioni, specie di gas serra, sulla problematicità che presenterà sempre di più il settore trasporti con i propri incrementi di emissioni, che già ripetutamente nei centri urbani costringono al blocco programmato del traffico cittadino.
Non sembra affatto vero, come qualcuno degli importanti personaggi convenuti ha affermato, che "il tema dell'energia è ritornato al centro della politica e dell'economia", o perlomeno le intenzioni e le necessità che la politica e l'economia esprimono trovano poi ostacoli insormontabili nel Paese reale per trasformarsi da parole in fatti. E' invece del tutto vero che la recessione e la crisi mediorientale nel passato anno hanno posto l'accento sulla necessità di ridisegnare il sistema degli approwigionamenti e la politica energetica del nostro Paese, essendosi ridisegnate le alleanze collusive del cartello dei paesi produttori. Il problema della sicurezza energetica (black out inclusi) si ripropone con urgenza come non mai ed evidenzia anche la necessità di ridiscussione dei sistemi liberalizzati, specie per i temi che implicano la presenza di una pluralità di soggetti, l'integrazione delle reti, le politiche di ripartizione e quelle degli investimenti.
Certo è che la ricerca, cui sono destinate esigue risorse (1% del prodotto nazionale), ha fatto un passo indietro di 30 anni e i temi della fusione (pel esempio ITER) e del ricorso all'idrogeno, oltre ae avere limiti intrinseci, sembrano poter dare risultati solo nel lungo termine (2050 e oltre).
Al di là di qualche contributo, l'accelerazione della messa in atto di sistemi europei di Emission Trading non sembra poter risolvere l'odierno intreccio Energia/Ambiente, mentre si percepisce che questo intreccio ha sempre più rilevanza a livello globale e impatta pesantemente sulle future generazioni.
Deludente è che in questo panorama e con questi dati alla mano nessun cenno sia stato fatto sulla tecnologia nucleare, sui miglioramenti conseguiti da questa tecnologia nel campo della sicurezza, sulla possibilità che si ha oggi di chiudere in sicurezza il ciclo di un impianto attraverso i moderni sistemi d trattamento e confinamento dei rifiuti radioattivi, ma soprattutto sulla possibilità di abbattere drasticamente le emissioni.
La parola nucleare, è stata menzionata solo due volte nel corso della presentazione stigmatizzande un consolidato tabù; in tutti e due i casi ciò è awenuto di sfuggita e quasi in sordina, senza coraggie alcuno di affrontare un serio discorso sulla necessità che ha il nostro Paese di una pianificazione energetica di lungo periodo che veda, accanto ad un impulso alle rinnovabili, anche la necessità di valutare un possibile rientro nella tecnologia nucleare, une tra i più seri strumenti di difesa per crisi energetiche che potrebbero in futuro prospettarsi. La realtà oggi è che l'Europa sta pian piano rivalutando la tecnologia nucleare. La Finlandia realizzerà in tempi definiti e certi un nuovo impianto nucleare, moderno, di concezione francese (EPR = European Pressurisee Reactor), di grande taglia (1500 MWe per unità) con ridondanza di sistemi di sicurezza, tra i quali è previsto anche l'evento di fusione del nocciolo.
Tra Russia e Usa va avanti in maniera concreta il progetto di trasformare in combustibile per centrali nucleari gli ordigni atomici accumulati in tanti anni di guerra fredda.
Gli Italiani continuano a cercare il nucleare all'estero per motivi di business, ma la comunità nazionale non è garantita nei confronti di disservizi di un sistema elettrico che si rivolge all'importazione del kilowattora di origine nucleare per motivi di carattere economico, mentre il sistema economico-politico non è in grado di convincere il Paese sulla necessità di un cambiamento di rotta. Il consenso politico, in una sorta di incomprensibile antagonismo con la verità scientifica, appare oggi ai governanti (e alle opposizioni!) più importante del futuro del Paese, e tutti si astengono dal mettere in pratica scelte impopolari. Il GRTN (Gestore della Rete Nazionale) presenta dati in cui si vede chiaramente che i fabbisogni di energia e di potenza superano ormai le disponibilità. C'è da augurarsi che la stagione estiva de 2004 sia molto mite e fresca, ma l'allegro Paese, in queste condizioni quanto potrà durare? Potrà mai sfuggire alla resa dei conti?

Bibliografia
Rocco Morelli
Il Perito Industriale - Marzo/Aprile 2004

 

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