SE
NON IN ITALIA ... ALMENO ALL'ESTERO !!!
I temi del dibattito sul nucleare italiano all'estero ricordano un po' quella storiella dell'Abissino che, distintosi in battaglia nelle campagne d'Africa, chiese ai Duchi D'Aosta di "diventare Italiano"
ottenendone solo un diniego. Allora l'affezionato combattente replicò ".. se non potete farmi
Italiano, fatemi almeno Siciliano(¹)". Oggi i tempi sono cambiati, ma pare solo per gli aspetti di cittadinanza,
poiché i temi del nucleare sono ancora considerati una sorta di tabù di cui solo coloro che non vivono di politica
possono parlare liberamente.
Si
dibatte sempre più sul possibile rientro delle nostre imprese nel
business nucleare all'estero, senza contare che questo business già
è in atto. Il 15% e oltre dei nostri consumi elettrici sono possibili
grazie ad energia importata di origine nucleare. Il nord Italia è
circondato, oltre confine, di centrali nucleari di ogni tipo (a distanze
certo inferiori che Napoli, Bari o Palermo). Così, grazie al vecchio
risultato referendario, il business che consiste nel produrre energia
elettrica a basso prezzo lo fanno gli altri, mentre le nostre imprese
che utilizzano molta energia elettrica nel loro processo produttivo
perdono competitività. Ciononostante, l'idiozia di instillare paura
del nucleare non sembra cessare, sfruttando l'ignoranza tecnico-scientifica
che è tra le più diffuse nell'Italia di oggi. Il Bel Paese tra irrazionalità,
cavillosità pretestuosa e autolesionismo continua a rinviare ogni
decisione e le associazioni ambientaliste, legate a vecchi schemi
che demonizzano il nucleare non si curano neanche di aggiornarsi su
quali passi abbia compiuto questa tecnologia, specie nei paesi dell'est
che si prospettano come futuribili detentori del know how a prezzi
più competitivi. Questi che seguono sono alcuni degli argomenti apparsi
su agenzie di stampa e giornali in una settimana degli ultimi mesi
selezionata a caso, ma in concomitanza con un evento internazionale
di rilievo. Credo che i vari pezzi non abbisognino di commento, ma
ciascuno potrà riconoscere, nella sua coscienza, motivazioni, mire
ed in definitiva "verità".
Il nucleare
resta il sistema più efficace e "pulito" per produrre energia e la
Russia andrà avanti con un programma per costruire reattori di nuova
generazione. Lo ha annunciato il Ministro russo dell'Ambiente Irina
Osokina, che proprio nel giorno dell'anniversario della tragedia di
Cernobyl, invita gli altri paesi del G8 Ambiente, in corso a Parigi,
a proseguire sulla strada dell'atomo.
Il presidente
della SFEN (Società Francese per l'Energia Nucleare) Jacques Bouchard
richiama l'attenzione della Francia e dell'Europa sulla necessità
di avviare i lavori per l'EPR (European Pressurised Water Reactor)
al più presto possibile.
"Il
gioco della Russia è quello di passare con disinvoltura dal rispetto
del Protocollo di Kyoto al rilancio del nucleare: è una vera e propria
roulette russa". Così Legambiente commenta la proposta di
rilancio del nucleare prospettata dalla rappresentante russa al G8.
No al
rilancio dell'industria nucleare nell'Est Europeo. L'altolà viene
da Greenpeace che contesta la partecipazione di imprese italiane nella
costruzione e gestione di impianti nucleari all'estero e il recente
accordo firmato da Ansaldo in Romania per il secondo modulo della
centrale elettronucleare di Cernavoda viene così messo in discussione.
La tragedia
di Chernobyl rimane un monito così come altre grandi catastrofi ambientali
come il naufragio della petroliera "Prestige". Lo sottolinea il Ministro
dell'Ambiente, Altero Matteoli, a margine del G8 Ambiente a Parigi.
Alla
scadenza del 17° anniversario dell'esplosione del reattore nucleare
nella centrale ucraina, il 26 aprile del 1986, Matteoli ha affermato
che "Chernobyl resta un monito per tutti noi così come il naufragio
della 'Prestige'".
Circa
le polemiche per il via libera alle imprese italiane alla costruzione
e gestione dì centrali elettronucleari all'estero, in particolare
nell'est Europa, per Matteoli "c'è un segnale del Parlamento"
per superare i veti del referendum. Inoltre, ha aggiunto, "non credo
che si possa proibire alle imprese italiane di partecipare a lavori
all'estero, soprattutto tenuto conto della difficile congiuntura economica.
Al di là della volontà del Parlamento non credo che possiamo vietarlo".
Circa
il recente accordo firmato da Ansaldo in Romania per il secondo modulo
della Centrale elettronucleare di Cernavoda: "Una scelta totalmente
illegittima, in contrasto con la volontà espressa dagli italiani nel
referendum del 1987" afferma il direttore dell'associazione, Domitilla
Senni. Greenpeace critica anche il viceministro delle Attività Produttive,
Adolfo Urso che "vuole rilanciare l'industria nucleare italiana
con la scusa del miglioramento della sicurezza dei vecchi e pericolosi
impianti di modello sovietico esistenti nell'Est europeo".
L'associazione sottolinea che la centrale, il cui prìmo modulo, realizzato
con tecnologia canadese CANDU, è stato completato nel 1996 dal consorzio
italo-canadese Ansaldo Nucleare - Atomic Energy Corporation Limited
(AECL) con un finanziamento di 150 milioni di dollari del Mediocredito
Centrale, "rimane il primo esempio di esportazione di un impianto
nucleare con tecnologia occidentale nell'Est Europa".
Per Greenpeace,
dal momento che la divisione Ansaldo Nucleare è parte dell'Ansaldo
Energia, che a sua volta è controllata al 100% da Finmeccanica S.p.A.,
la cui maggioranza relativa la detiene il Ministero dell'Economia
e delle Finanze con il 32,44 per cento, la realizzazione del secondo
reattore di Cernavoda "è in palese violazione della legislazione
vigente". Inoltre, sottolinea ancora Greenpeace "la valutazione
di impatto ambientale non è mai stata resa pubblica dal governo rumeno
ne dalle agenzie di credito all'esportazione interessate al progetto".
E non solo: citando i dati del Dipartimento per l'energia degli Stati
Uniti (DoE) che parlano di un calo da 70,4 a 49,6 TWh del fabbisogno
energetico della Romania negli ultimi 10 anni a causa del rallentamento
della ripresa economica, gli ambientalisti sottolineano che il sistema
elettrico rumeno vive una crisi strutturale e "le autorità statali
non hanno considerato adeguatamente tutte le alternative non nucleari
prima di investire nell'aumento della produzione nazionale".
Ma per chi non avesse ancora avuto modo di chiarirsi le idee mi pare
opportuno ricordare anche alcune notizie apparse su primaria stampa
francese a metà di maggio 2003:
EDF (il
colosso elettrico francese, rimasto monolitico nonostante i venti
privatizzatori europei che talvolta hanno spirato in modo tempestoso
anche per vicende di casa nostra) si mette in ordine di marcia per
cento anni di nucleare; così ha titolato un bellissimo articolo di
Le Monde in data 17/05/2003, concludendo con le avventure di un ecologista
in merito all'attacco effettuato con missili contro la centrale nucleare
di Superphenix nel 1982. I missili attraversarono la parte alta del
reattore senza danneggiarlo. Quell'ecologista è stato deputato verde
a Ginevra dal 1985 al 1999.
La Francia
deve prolungare la vita delle sue centrali nucleari (da 30 a 40 anni
previa verifica ed accettazione di questo allungamento da parte dell'Autorità
Nucleare di Controllo) oppure ne deve costituire di nuove? A questo
interrogativo ha risposto "tutte e due le cose" l'Ufficio
Parlamentare di Valutazione delle Scelte Scientifiche, con un rapporto
che è stato reso pubblico il 14/05/2003 a qualche giorno dalla chiusura
del "Dibattito Nazionale sull'Energia". Il riferimento all'EPR
è esplicito, come pure è esplicita la scelta istituzionale francese
di permanere in modo radicato nella tecnologia nucleare per un lungo
periodo.
L'EPR, reattore ad acqua pressurizzata è stato concepito per durare
60 anni (anche se nelle valutazioni economiche finanziarie in maniera
conservativa si assumono 40 anni); fu messo a punto negli anni '90
da Framatome e Siemens, ma il suo avvenire dipende ormai solo da EDF,
dopo che la Germania (sotto le pressioni dei propri "Verdi") ha deciso
di non costruire nuovi impianti.
La decisione di EDF di prolungare la vita dei propri impianti ancor
prima che decisione politica è una decisione tecnico-economica. Basti
pensare che una centrale nucleare francese già ammortizzata produce
a 12 Euro per MegaWattora, mentre una nuova centrale ha un costo di
produzione di circa 28 Euro per MegaWattora. (Il costo di produzione
associato ai più moderni cicli combinati - con il gas a 18 centesimi
di Euro per normal metro cubo - non scende sotto i 45 Euro per MegaWattora).
Dieci anni di vita supplementare del parco di Impianti nucleari francesi
significano un cashflow cumulato (liquidità) compreso tra 15 e 23
miliardi di Euro; lo dice il rapporto parlamentare di cui sopra.
Chi ha "orecchie" per intendere intenda. Intanto, a maggio scorso,
gli Svizzeri - popolo dall'arcinota sensibilità ambientale - hanno
votato un referendum diametralmente opposto a quello votato nell'87
dagli italiani. Essi infatti si sono schierati a favore del nucleare
bocciando le iniziative antinucleari che erano state intraprese nel
paese. C'è materia per riflettere su che cosa oggi significhi essere
"ambientalisti".
(¹) Non me ne vogliano
gli amici siciliani, cui sono legato da sincero affetto
Bibliografia
Rocco Morelli
Il Perito Industriale - Luglio/Agosto 2003