ENERGIA E AMBIENTE TRA CONCRETEZZA ED IPOCRISIA

 

Le recenti polemiche tra Stati Uniti ed Europa per la ratifica dei Protocolli di Kyoto, di cui ancora risuonano, sotto forme diverse, le pagine dei giornali ed il mondo dei media in genere, costituiscono lo spunto per alcune riflessioni sulle diversità di comportamento che appaiono evidenti tra il mondo europeo e quello nordamericano davanti a scelte cruciali per il pianeta e per lo sviluppo dei propri sistemi economici. Due elementi appaiono essenziali per un'analisi concreta: la vision dei DoE (Department of Energy degli USA) per lo sviluppo della ricerca sui cicli combinati e l'annunciato ritorno ad un sostanzioso programma nucleare sponsorizzato dalla presidenza degli USA.

Sviluppo della ricerca sui cicli combinati
Fino ad oggi la ricerca tecnologica ed industriale continuamente sviluppata sulle turbine a gas e sui cicli combinati ha messo in evidenza la possibilità di un continuo miglioramento dei rendimenti, dei materiali, dei processi al punto che impianti a gas con rendimenti dei 60% (in ciclo combinato) sono ormai considerati una realtà. Ciononostante il DoE nello sviluppare la propria visione per il prossimo futuro ha stabilito come obiettivo la possibilità di realizzare industrialmente turbine a gas che in ciclo combinato possano raggiungere un rendimento dei 70%. Obbiettivo stabilito dal DoE, che sembra aver avviato diversi studi di fattibilità al riguardo in particolare sull'impiego di celle a combustibile multistadio, implica che un simile impianto debba essere realizzato e messo in esercizio commerciale entro il 2010. Molti esperti dei settore considerano questo obiettivo estremamente arduo ed ottimistico (ma fattibile) in quanto, sotto irrealizzabili condizioni "ideali" (senza considerare l'eventuale aumento di emissioni di Nox, che pure costituiscono un forte problema) esiste un limite tecnologico al rendimento nel range 75-80%. Le motivazioni di fondo che hanno spinto l'organismo statunitense non sono soltanto da ricercarsi nel mantenimento di un primato (motivazione che appare evidente quando si giustifica tale scelta con l'affermazione che un obiettivo deve essere 'arduo' altrimenti non è un obiettivo!), ma anche nella consapevolezza che la ricerca, se seriamente perseguita, è non solo appagante, ma anche fortemente pagante.
Al fine di perseguire l'obiettivo finale stabilito entro il 2010, il DoE ha fissato obiettivi intermedi che hanno lo scopo di monitorare il processo di sviluppo della nuova tecnologia. Questi obiettivi intermedi consistono nella messa a punto di piccoli (circa 1 MWe) e medi impianti (20 MWe) dimostrativi da varare intorno al 2003-2005 e commercializzare rispettivamente entro il 2005-2007.
Appare quasi autoevidente che la ricerca (tecnologica e di base) come pure lo sviluppo di nuovi processi, tecnologie e prodotti costituisca per una economia avanzata una risorsa capace di potenzialità enormi. Alcuni teorici della dinamica economica hanno collegato fortemente lo sviluppo di un sistema economico all'innovazione tecnologica ed industriale, ancora prima che la società nordamericana e giapponese ci desse stupefacenti prove dei legami tra sviluppo e questa "potenziale risorsa". Oggigiorno siamo al punto che la stretta correlazione tra ricerca e sviluppo è divenuto concetto accettato e comunemente diffuso anche tra i non addetti ai lavori, ovvero tra la gente comune. A giudicare comparativamente nei fatti i nostri risultati rispetto a quelli della società nordamericana ed il modo in cui la ricerca e lo sviluppo tecnologico ed industriale vengono affrontati nel nostro Paese (ed in alcuni casi anche in Europa) sembra poter affermare che ciò che appare evidente per la maggioranza della popolazione comune non è affatto evidente per i politici nostrani. Forse è il caso che la nostra classe dirigente tutta (politica, burocratica ed amministrativa), nelle mani della quale risiedono le facoltà di scelta e di indirizzo, metta ormai da parte criteri di selezione di progetti e cervelli secondo una metrica legata a clientele politico-lobbistiche e finalmente riscopra la necessità e le potenzialità della ricerca, restituendole quell'innegabile valore di risorsa universale che essa merita.

Nuovo impulso al nucleare USA
Nel recente passato, sulla ribalta multimediale di un mondo globalizzato hanno tenuto banco, tra altri problemi, da un lato la crisi energetica della California (assolutamente impensabile ed inverosimile per un paese che rappresenta la punta avanzata della scienza, della tecnologia e dell'economia) e dall'altro il problema ambientale globale (posto non soltanto alla Conferenza di Kyoto), che implica la ricerca di uno sviluppo sostenibile, pena irreparabili conseguenze per l'ambiente e la stessa sopravvivenza della razza umana su questo pianeta. Appariva strano a molti che gli USA, parte eccellente di questa umanità, rifiutassero di sottoscrivere impegni per una salvaguardia ormai irrinunciabile dell'ambiente planetario.
Successivamente, pare a seguito dei lavori conclusivi condotti da una Task Force guidata dal Vice Presidente USA, a maggio scorso, il Presidente Bush ha prima dato l'annuncio di un nuovo piano energetico nazionale basato sulla costruzione di uno sbalorditivo numero (un migliaio) di centrali elettriche di cui un 20% almeno nucleari e poi, in giugno, s'i è conclusa la vicenda dell'adesione americana di fatto agli Accordi di Kyoto.
Il nuovo impulso verso un programma sostanzioso per la costruzione di centrali nucleari (che avrà un ruolo più che attivo nel sostenere la crescita statunitense programmata), è stato fortemente criticato da movimenti verdi europei, che rivolgono accuse di sprechi alla società più energivora dei mondo, la quale anziché promuovere misure i efficienza e risparmio energetico favorisce indiscriminate politiche di consumo.
Questo ritorno statunitense al nucleare, dopo Three Miles Island e Chernobyl, potrà forse essere attribuito alla crisi energetica californiana, a sua volta conseguenza di un sistema selvaggio di privatizzazioni, secondo alcuni, o, come sostengono altri, conseguenza di un eccezionale aumento dei prezzo dei gas naturale (si parla di un aumento di un fattore 4 nel giro di 12 mesi). Oppure la rinascita dei nucleare negli USA potrà essere attribuita alla riconosciuta necessità da parte americana, peraltro riconosciuta e caldeggiata da tempo da autorevoli esponenti dei mondo scientifico ed economico, di mettere in atto concrete azioni per limitare l'effetto serra. In entrambi i casi il risultato non cambia. Se il programma annunciato dal presidente americano andrà avanti (e non ci sono al momento ragioni per ritenere il contrario!!!), verrà certamente invertita la tendenza di lungo periodo secondo cui i paesi membri dell'OCSE marciavano verso un disimpegno nucleare. Nell'ambito delle politiche energetiche regionali c'è da aspettarsi che l'effetto Bush abbia la sua influenza. Certamente un'influenza l'avrà anche nelle scelte europee, confermando la correttezza di quegli orientamenti di fondo di paesi come la Francia, il Belgio, la Svizzera e la Germania, ma è difficile dire se l'effetto giungerà mai da noi, ormai ancorati ad una scelta antinucleare al punto di non aver ripreso più in considerazione il problema, come invece era normativamente programmato, a fine della moratoria proclamata nel 1987 a seguito dei referendum antinucleare. Certo sarebbe stupefacente se l'effetto Bush superando ogni ostacolo (non solo fisico, visto che c'è un oceano di mezzo!!!) riuscisse ad imporsi anche in questo Paese che in materia di nucleare è impastoiato tra cavilli burocratici, normativi e tabù artatamente indotti sulle popolazioni, al punto che non riesce neanche a dotarsi di un deposito nazionale ( Come hanno già fatto tutti i paesi europei coinvolti nel nucleare) per sistemare le scorie di media e bassa attività che pure ha in casa.

Conclusioni
L’avvenuta condivisione dei contenuti del Protocollo di Kyoto da parte degli USA, cui pure tutti plaudono, appare quasi irrilevante di fronte alla concretezza delle azioni americane anzitempo intraprese e sopra discusse per combattere da un lato problemi ambientali ormai riconosciuti come urgenti a livello internazionale e dall'altro sostenere l'obiettivo programmato di crescita di quel motore dell'economia globale che trascina chiunque l'agganci. C'è quindi da domandarsi se sia più corretto condividere al primo colpo gli Accordi di Kyoto nella forma, cioè sulla carta, e restare poi passivi nella sostanza, cioè incommensurabilmente logorroici ed inattivi in concreto, come capita dalle nostre parti oppure ignorare gli accordi di Kyoto, almeno preliminarmente, ma perseguire iniziative concrete che abbiano una innegabile ricaduta globale i cui effetti sono misurabili.
Forse è per questo che nel fare il bilancio di una polemica è comprensibile chi si sente vicino a quella parte dell'élite statunitense che ha accusato una parte dell'Europa di ipocrisia.

Bibliografia
Rocco Morelli
il Perito Industriale n. 4/2001

 

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